Dionisia De Santis, esperta in erboristeria
e fitoterapia, in indagini , censimenti e studi di carattere
floristico,sistematico, in educazione ambientale e turismo naturalistico. Fotografa naturalista.
IL
TAGLIO DEI BOSCHI E LA RIDUZIONE DELLA BIODIVERSITA’
di Dionisia De Santis
Gli
alberi rappresentano la forma vivente terrestre meglio riuscita. Le varie forme
di boschi e di foreste costituiscono tra i più ricchi ecosistemi esistenti del
Pianeta, capaci di ospitare un’ampia varietà di esseri viventi. Essi sono
essenziali per il mantenimento degli equilibri e dei cicli biogeochimici del
Pianeta; per compensare le cariche elettriche tra ionosfera e superficie
terrestre, e anche per mantenere integro il campo magnetico del Pianeta.
I
boschi costituiti da alberi secolari si definiscono boschi vetusti. La
definizione di boschi vetusti può essere applicata anche a popolamenti
forestali che in passato sono stati utilizzati dall’uomo, ma che attualmente
sono molto vecchi e in condizioni di buona naturalità, avendo avuto la
possibilità di evolversi per decenni in assenza di intervento antropico, come ad
esempio è avvenuto per alcune aree boschive presenti soprattutto nell’area
interna del Cilento, alle falde del Monte Cervati. Questi boschi, oltre a
conferire un notevolissimo pregio naturalistico a tutto il territorio cilentano,
svolgono un ruolo ecologico fondamentale. Essi rappresentano, in termini di
Biodiversità sia a livello di specie che di paesaggio, un valore inestimabile.
Alcuni
affermano che il taglio sia addirittura necessario per meglio mantenere la cura
dei boschi, ma non è così. La Natura è di gran lunga più saggia del nostro
operare e quindi sa bene come agire per conservare in perfette condizioni il
bosco. Ed è una presunzione solo pensare di sostituirci minimamente ad essa. Ci
sono diversi motivi per effettuare i tagli dei boschi, ma certamente non per
mantenerli in “salute”.
Riguardo
a questo vale la pena sottolineare, come regola generale, che le pratiche
selvicolturali, qualora siano applicate a ecosistemi forestali naturali,
comportano una riduzione della Biodiversità. Biodiversità che raggiunge il
massimo livello nelle fasi di senescenza e di crollo degli alberi, quelle che i
boschi sottoposti a utilizzazioni non raggiungono. Si tratta di un fatto di
grande rilevanza, perché il legno di alberi morti in piedi o atterrati,
permette la proliferazione di popolazioni di uccelli, licheni, insetti xilofagi
(che a loro volta rappresentano il nutrimento di uccelli altrimenti destinati a
scomparire), mentre l’abbondanza di necromassa (legno di alberi morti in piedi
o atterrati, residui legnosi vari) rende possibile una forte presenza di
decompositori (funghi e batteri). La necromassa diventa il punto di innesto di
catene di detrito, che trovano scarse opportunità per proliferare nel caso di
prelievi legnosi basati su turni di utilizzazione che anticipano i cicli
naturali, in modo da ottenere la massima produzione legnosa. Si aggiunga che,
per soddisfare le esigenze del maggior numero di organismi collegati, del legno
morto non solo è necessario conservare grandi quantità, ma anche differenti
tipi e dimensioni, soprattutto in modo continuo nel tempo (CHRISTENSEN et al.,
2005).
La
necromassa, inoltre, favorisce i processi pedogenetici (l'insieme di processi fisici, chimici e biologici che portano, nel corso
del tempo, alla formazione del suolo) e il mantenimento della fertilità dei
suoli. (ECOLOGIA FORESTALE, elementi di conoscenza dei sistemi forestali
applicati alla selvicoltura; Marco Paci, Edagricole 2011).
Gli
alberi vecchi, spesso dotati di cavità, sono habitat decisivo per il rifugio,
la nutrizione e la riproduzione di molte specie faunistiche: oltre agli uccelli
e agli insetti anche mammiferi (ad esempio la Martora) rettili, ecc.