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venerdì 28 dicembre 2012

Uccisione di padre Giuseppe Feola di Campora 1863



Giuseppe Feola era un padre cappuccino, fiero assertore della libertà e sostenitore della fine del potere temporale dei papi in un suo libro:" La mia confessione intporno al potere temporale del Papa".

Egli se ne stava tranquillo a casa sua a preparare la festa del Corpus Domini, quando i briganti sequestrarono lui ed il fratello Toribio.

Entrambi furono portati in piazza alla presenza del Maggiore Tardio che chiese come riscatto la somma di 2000 ducati che il cappuccino non aveva.

Suo fratello Toribio riuscì a racimolare solo 20 ducati che portò a Tardio il quale adirato pronunciò queste parole <<  Tu non vuoi cacciare il danaro... tu devi morire, perché quest'ordine mi è venuto da Roma>>, poi gli disse che l'avrebbe graziato se avesse gridato <Viva Francesco II>>, ma il cappuccino rispose << Io saprò morire come vissi - Viva l'Italia>>.

Tardio allora comandò di fucilarlo e si allontanò.
Padre Feola venne messo con le spalle al muro e fucilato, ma le pallottole sparate non lo ucciserto, cosicché la cosa fu riferita al Maggiore che ordinò di " finirlo a colpi di stilo" e ,secondo la versione di Lettieri, smentita inn fase processuale, lo stesso Tardio gli diede il colpo finale uccidendolo.

Ormai erano soddisfatti sia i nemici del frate, i Ciardo, che i Feola " suoi parenti nemici"
 Segue...
                   Gilda Petrone










L'invasione di Campora da parte del capobrigante Giuseppe Tardio e della sua banda (maggio- giugno 1863)

Delle cause del brigantaggio ho già scritto esaurientemente nel post " Brigantaggio postunitario nel Cilento".

Qui intendo trattare dell'invasione di Campora e successivamente dell'uccisione del padre liberale Giuseppe Feola
 Le notizie sono tratte da Antonio Caiazza che, dopo essersi documentato accuratamente si accinse a scrivere un libro su Giuseppe Tardio
Invasione di Campora
Nel maggio del 1863  Tardio si recò nei boschi di Campora dove riuscì ad attirare nella sua banda una quindicina di braccianti o borbonici che lo rifornirono di viveri, munizioni e notizie. Nel piccolo paese del Cilento egli, ogni tanto,  veniva ospitato a pranzo dalla famiglia Ciardo ed inoltre aveva come confidenti Andrea Perriello e Carlo Veltri cui aveva inviato due proclami, uno diretto ai Popoli delle Due Sicilie ed un altro ai Borbonici di Campora.
Riporto di seguito il testo:
1)Dal quartiere generale 27 magggio 1863
"Signori,
Vi accludo un proclama, cui darete comunicazione, ai Borbonici di cotesto Comune. Indi metterete in esecuzione quanto in essa si contiene, attesoché circa duemila persone ci attendono per insorgere come un solo uomo, nonché uno sbarco di altri 400 soldati si effettuerà perché l'ho rimasta a bordeggiare in questi vicini mari. Ne attendo l'adempimento.
Maggiore- Giuseppe Tardio.Il Coman.te l'armi borboniche"
2)Proclama ai Realisti di Campora
" Cittadini,
Il reggime Piemontese nella conquista del Regno ci sedusse con promesse fallaci, avendoci portato la miseria e la desolazione, in questa parte d'Italia. Oramai l'ora di fare l'ultimo sforzo... è suonata, all'uopo unitevi, ed armatevi, ed accorrete a schierarvi sotto il vessillo dell'Augusta e Legittima Maestà Francesco II. Esiterete voi ad adoperare le vostre forze, onde scuotere il tirannico giogho de' subalpini ... Ciò non lo sia mai. Il Maggiore Giuseppe Tardio"
Tardio aveva a sua disposizione 33 briganti " vecchi, ma armati e pronti a tutto".La sera del 3 giugno 1863,  i briganti dalle "larghe fasce rosse ai cappelli", all'insegna del vessillo bianco borbonico, arrivarono in paese e spararono colpi di festa gridando "Viva Francesco Secondo". Molti camporesi conniventi e trionfanti, uscirono dalle loro case e si avviarono verso la piazza assieme ai briganti che disarmarono il Posto di Guardia ed  abbatterono gli stemmi sabaudi situati sulla porta. Il capobrigante Tardio armato di sciabola fece affiggere un  "Proclama ai popoli delle Due Sicilie" col quale invitava i cittadini a lottare per difendere i Borbone , cacciare i Piemontesi e difendere l'indipendenza del Regno delle Due Sicilie.
Diede poi ordine che i cittadini uscissero in piazza e "cacciassero i lumi alle finestre in segno di festa  per accogliere le truppe di Francesco II il Borbone che era ritornato".  Diversi camporesi si unirono alla banda incitando ad uccidere i liberali, anche per vendette personali ed a saccheggiarne e distruggerne le case. Fu saccheggiata la casa di D. Antonio Torrusio, mentre un altro drappello di briganti si recò alla casa di Padre Giuseppe Feola.
Segue...
                  Gilda Petrone